lunedì 14 marzo 2022

Sguardi che soffrono - 3

Il conto alla rovescia per l'inizio degli Esercizi Spirituali 2022


Il percorso di avvicinamento agli Esercizi Spirituali 2022 , con le meditazioni di don Egidio Tittarelli, è scandito da una canzone e da una storia ogni giorno.
La canzone di oggi è "Generale" di Francesco De Gregori, mentre la storia che ci accompagna e la poesia sono brani originali di Eugenio Lampacrescia, che ringraziamo della collaborazione.
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Quando si ammala una persona in una famiglia, non sta male solo il singolo soggetto portatore del problema, ma tutto l’insieme. E se non si sostiene in primis la famiglia, come raramente capita, cosa succede?
La storia di sofferenza e speranza è quella di una famiglia giovane che dopo diversi anni di attesa di un figlio che non arrivava, si trovano con un bambino disabile. Scatta la richiesta di aiuto da parte della pediatra che indica un centro privato di sua fiducia, visti anche i tempi lunghi del servizio pubblico.
Tempi lunghi e assenza di contatto nonostante la disponibilità data. Quasi due anni persi su questioni di principio e a distanza dal bambino e dalla famiglia. Per fortuna che, nonostante questi cavilli, il lavoro è andato avanti. La mamma dice più volte: “Ogni giorno mi rimandano solo le cose che non sa fare. Oppure se una cosa si realizza, subito c’è un però…”.
Non diversa la fatica con la scuola che non raccoglie la disponibilità data di collaborare con il centro che segue il bambino e la famiglia. Fino alla decisione dei genitori di cambiare scuola.
Come per incanto un miglioramento significativo del bambino. La mamma si riprende dopo essere stata seguita e coinvolta in prima persona nel trattamento di continuità proposto e ostacolato per due anni, attraverso assenze, intralci, cavilli e sostanziale indisponibilità. ” Ora mio figlio è felice e accolto e se sta bene lui anche noi stiamo bene”. Si diradano così le sedute di sostegno con la mamma e il papà. Si comincia a collaborare.
Una poesia spiega bene, come metafora, questa assurda situazione affrontata solo con la disponibilità e un lavoro fatto anzitutto per amore. Recuperando le energie ed anche l’amore pieno dei genitori e persino i loro contatti sociali che, con un bambino così, non sono proprio facili, perché la gente e persino gli amici si distanziano. E se qualcuno nel lavoro terapeutico si ricorda di questo, gli sguardi che soffrono possono diventare sguardi di speranza.

IL BAMBINO NELLA LUNA
Sguardo perso nel vuoto
nella fatica di un contatto.
Guardavi fisso e solo
l’angolo in alto
tra muri e soffitto. 

Incrocio di sguardi ciechi
tra una fortezza vuota
e un desiderio materno
inespresso e dolente.
La parola assente e inutile. 

Poi, un passo per volta,
sguardo reciproco e fuggente,
e corpi che contengono e contenuti
Esprimendo rabbia del desiderio
e desiderio nella rabbia.
Chi comanda?
Chi è il più forte?
Chi sono io?
Dì mamma! Dì Mamma!
Infine l'attesa bisillaba
nel dolore dell’uscita
dalla torre di avorio. 

Il desiderio fa miracoli.
Non desiderare è morte reciproca.
Poi desiderio anche per te.
Arriva, lieve e deciso.
Lo sguardo condiviso,
i corpi che si toccano
Ricordi il primo girotondo insieme?
I giochi maschi con papà?
La ferma e pretenziosa tenerezza di mamma?
I sorrisi di loro quando li riconosci?
Così si sentono necessari.
Nasce un loop di relazione.

E poi cerchi, indichi, chiami
col corpo e coi suoni.
Sorridi e piangi.
Dici sì e no. Molti no.
Esprimi così desideri e volontà.
No è la strada obbligata per il sì. 

Altro che regoline perse!
Per quelli sempre pronti al non.
Perso è chi non si accorge che rinasci.
Ogni giorno che viene. 

Per quelli che credono l’IO
solo come grammatica e didattica.
Invece, per te, è dire e dirti che esisti.
Dove riconosci un TU nasce l’IO.
E l’hai detto.
Finalmente. 

Ancora scappi, urli,
talvolta ti incanti.
Non parli e comunichi.
Supereremo anche questo.
Ti diamo e ci diamo fiducia.
Soprattutto siamo testardi.
Più oppositivi di te. 

I ciechi, quelli veri, non desiderano.
Non vedono pur avendo occhi.
Si trincerano in numeri da percentili.
Perdono persone e relazioni.
E magari sono pure fieri
del presuntuoso sapere.
Delle tenute e volute distanze
e dell’abbandono prodotto. 

Non possono educare.
Mancano di speranza e serenità.
Dovrebbero contare il pallottoliere.
E magari spostarsi.

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