sabato 12 marzo 2022

Sguardi che incontrano - 5

Il conto alla rovescia per l'inizio degli Esercizi Spirituali 2022


Il percorso di avvicinamento agli Esercizi Spirituali 2022 , con le meditazioni di don Egidio Tittarelli, è scandito da una canzone e da una storia ogni giorno.
La canzone di oggi è "Questione di sguardi" cantata da Paola Turci, mentre la storia che ci accompagna è un brano originale di Daniela Meschini, che ringraziamo della collaborazione.
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Era troppo meticoloso, guardava tutto quel cibo esposto nel self service ormai diventata l’altra casa dopo la morte della sua amata Marta. I figli lontani per lavoro. L’anziano ragioniere chiede qualche spiegazione rispetto ad un piatto che non gli appariva affatto fresco. La risposta acida dell’inserviente lo gela. Decide di prendere un’altra pietanza e poi silenziosamente si siede in uno dei tavoli liberi. Lo sguardo vuoto, perso nel nulla. Lui era abituato alla tavola calda perché l’aveva nella ditta dove lavorava ma al tavolo era sempre circondato dai colleghi e quello era un momento di scambi di vita familiare, di piccole gioie e grandi soddisfazioni da condividere con loro. Erano anni, quelli, di grande entusiasmo, si stava dentro a quel periodo che verrà definito il boom economico. Quanto sono lontani quei giorni e sembrano secoli che Marta lo ha lasciato e lei gli ha lasciato un vuoto difficile da superare. Che belli i giorni con lei. Tutti, anche quelli dove ci si teneva il broncio, quelli dove le parole di troppo volavano nell’aria e ferivano. Tutto ora per Umberto o, come lo chiamavano, il “Sor Umberto” aveva un altro sapore. Recuperava qualsiasi briciola di ricordo che si rivestiva di luce magica e lo faceva sprofondare ancora di più nella tristezza e nella malinconia. Guardava quella pasta che aveva scelto e lentamente ne portava un boccone alla bocca masticando svogliatamente. Aveva un sapore insipido o forse lui era abituato troppo bene. La domenica Marta sfaccendava già dal mattino presto, che poi anche lei il lunedì doveva tornare a lavorare. Lui la ricorda di corsa tra una lavatrice e la pulizia del bagno e poi concentrata in cucina da dove gli odori inondavano la casa. Quelle penne lisce condite con troppo olio proprio non gli vanno giù, si sforza perché qualcosa deve pur mangiare ma non può non ripensare a quando trovava fumante sulla tavola un piatto di spaghetti all’amatriciana o una bella carbonara, la sua preferita. Si guarda intorno e in ogni tavolo c’è un anziano come lui. Soli e distanziati come vuole questo tempo tristissimo. Fino a quando non è arrivata questa maledetta Pandemia se ne andava al Circolo del quartiere e tra una partita di carte, una discussione sulla politica e un racconto dei tempi giovanili le ore scorrevano, restava il vuoto e la solitudine della sera quando si metteva a letto e non sentiva più il calore del corpo della sua sposa e il freddo dei suoi piedi che cercava di riscaldare tra le sue gambe. Umberto ha da tempo fatto tutte e tre le dosi di vaccino ma ha paura, paura di finire intubato, paura di morire con la fame d’aria, paura di andarsene da solo. Teme il dover soffrire, morire senza la mano forte del figlio o lo sguardo dolce di quella figlia tanto simile alla sua Marta. Ama la vita ma senza più gli occhi dolci della sua sposa, senza le sue attenzioni, senza di lei tutto gli sembra amaro.
Si alza lentamente, lascia sul tavolo il vassoio e va verso il bar per ordinare il caffè e mentre è lì sente una voce profonda che lo chiama Umberto, che bello vederti dopo tanto tempo! Si gira e riconosce, malgrado la mascherina, Luciano. Il fisico appesantito e i capelli radi e bianchi non riescono però a nascondere la vivacità degli occhi verdi e profondi. Luciano, l’amico del cuore, quello a cui per primo aveva parlato di Marta, che conosceva le sue debolezze, quello con cui per anni ha condiviso la scuola, la vita di quartiere, gli allenamenti al campetto dell’oratorio. Era stato anche il suo testimone di nozze. Luciano poi aveva vinto un concorso a Milano e se ne era andato e loro si erano persi, erano passati tanti anni. Senza parlare si guardano e i loro occhi umidi parlano per loro, si siedono di lato e sopra un tavolino sgangherato appoggiano le tazzine. Come ruscelli impetuosi si scambiano le loro storie, mentre scorrono i racconti delle loro vite i loro occhi mostrano commozione e poi serenità. Escono insieme sottobraccio, appoggiandosi l’uno all’altro mentre parlano ancora e si guardano con una rinnovata speranza nel cuore. La speranza che quell’antica amicizia ritrovata per caso li accompagni verso una strada inattesa dove ci si posa sentire meno soli.

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