venerdì 15 marzo 2019

Ascolta. Scatta l'Accoglienza!

Un concorso fotografico per cercare la città solidale ed accogliente.


Secondo l’enciclopedia Treccani il termine ‘accoglienza’ può essere inteso sia come atteggiamento sia come processo. 
Nel primo caso, l’accoglienza è il frutto di un insieme di valori e di modelli di comportamento che favoriscono una buona predisposizione da parte dei membri di un sistema sociale nei confronti di attori provenienti dall’esterno del sistema stesso. 
Nel secondo caso, l’accoglienza si riferisce all’insieme delle politiche, degli indirizzi e delle azioni concrete che un sistema sociale mette in opera per favorire l’integrazione dei soggetti provenienti dall’esterno. 
Partendo da tale definizione l’Azione Cattolica diocesana di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, in collaborazione con l’associazione ‘FormAC’ e con il patrocinio del Comune di Macerata, ha pensato di lanciare un concorso fotografico dal titolo ‘Ascolta. Scatta l’accoglienza’, aperto a tutti, che sarà presentato domenica 24 marzo alle ore 17.30 presso la sala convegni dell'Hotel Claudiani in v.lo A. Ulissi 8 a Macerata con gli interventi del fotoreporter Claudio Colotti e Giancarlo Cartechini, collaboratore di Emmaus
Il tema richiama la necessità di una rinnovata attenzione al territorio in cui si vive, in quanto il termine significa anche apertura ‘cognitiva’, declinandolo in una precisa richiesta in tal senso a chi voglia partecipare (Vedi di seguito Regolamento, Modulo Iscrizione e Liberatoria minorenni). 
L’idea del concorso (di seguito il regolamento) è nata durante il percorso intrapreso in questo anno associativo sul tema del ‘generare’, come ha sempre sottolineato anche Vittorio Bachelet che affermava che la generatività si sviluppa nell’incontro.
Partendo da questa idea generativa, l’Azione Cattolica della diocesi di Macerata intende attivare nel territorio provinciale ‘relazioni’ che consentano nuove ‘visioni’ di socialità per conservare ‘memoria’ attraverso l’opera artistica della fotografia, che rappresenta uno strumento unico per fare ‘memoria visiva’ ed è indispensabile per documentare le realtà sociali: infatti, essa costituisce un vero e proprio mezzo di comunicazione.
Fin da subito, la fotografia è diventata lo strumento privilegiato per raccontare le situazioni di difficoltà, i drammi nascosti o poco noti della nostra società civile; ma anche ha raccontato il bello delle relazioni umane, le buone prassi. All’origine essa ha rappresentato un mezzo di riflessione, ma col tempo si è trasformata in denuncia e presa di coscienza sulle problematiche per raccontare la società. 
Il padre della fotografia sociale, Jacob A. Riis, immigrato di origine danese, fece del linguaggio fotografico una rivoluzione, iniziando a fotografare gli slum di New York, dove gli immigrati di fine ‘800 conducevano una vita misera. 
Nel XX secolo la poliedrica artista Susan Sontag nel trattato ‘Sulla fotografia’ imposta una riflessione sull’etica del fotografo: “Insegnandoci un nuovo codice visivo, le fotografie alterano e ampliano le nostre nozioni di ciò che val la pena guardare e di ciò che abbiamo il diritto di osservare. Sono una grammatica e, cosa ancor più importante, un’etica della visione”. 
Mentre il fotogiornalista Robert Capa ha espresso un perfetto giudizio sul modo di rendere efficace la fotografia: “Se la foto non è buona, vuol dire che non eri abbastanza vicino… Il senso è il volto d’altri e ogni riferimento alla parola si situa già all’interno del faccia a faccia originario del linguaggio… Il fatto originario della fraternità è costituito dalla mia responsabilità di fronte a un volto che mi guarda come estraneo”. 
L'intenzione è quindi quella di proporre la fotografia come mezzo per guardare e per ascoltare la generatività nei luoghi in cui si vive quotidianamente; utilizzare lo scatto fotografico per fermare un momento delle forme di accoglienza, come dimensione primaria del vivere, secondo un proverbio marchigiano, che recita: ‘Quanno a lu conventu vusseno vocche affamate, lu priore ordina: vrodo lungu e seguitate’(Quando al convento bussano bocche affamate, il priore ordina: brodo lungo e seguitate).
Per chi voglia partecipare pubblichiamo il modulo di iscrizione e la liberatoria per minorenni.

Nessun commento:

Posta un commento