sabato 5 aprile 2014

Il "nostro" Luigi Rocchi è venerabile

papa Francesco ha firmato il decreto giovedì 3 aprile
di Simone Baroncia

Giovedì 3 aprile Tolentino ha vissuto una delle più belle ‘avventure’ della sua storia, quando nel pomeriggio il campanone della concattedrale di San Catervo ha scandito bene i suoi rintocchi. Era un segnale a lungo atteso da molti cittadini: papa Francesco ha promulgato il decreto di eroicità delle virtù, in cui il servo di Dio, Luigi Rocchi, è stato riconosciuto come venerabile ed è ascritto nel calendario dei Santi e dei Beati.
A 35 anni dalla sua morte (26 marzo 1979) la Chiesa, attraverso la voce del Pontefice, riconosce che egli ha praticato in grado eroico le virtù della Fede, della Speranza e della Carità verso Dio e verso il prossimo, così come ha vissuto in modo altrettanto esemplare le virtù della prudenza, giustizia, fortezza e temperanza.
E tra i suoi concittadini ognuno ha un ricordo personale, perché pur non potendosi muovere dal letto le sue parole arrivavano a tutti attraverso le moltissime lettere (oltre 1700) che ha scritto e gli interventi settimanali alla radio locale. Quindi gran parte dei tolentinati finalmente ha potuto dire: ho conosciuto un santo!
Luigi Rocchi nacque a Roma nel 1932 e poco dopo venne a Tolentino dove si manifestò la malattia che gli condizionò l’esistenza: la distrofia muscolare. Si sforzò di condurre una vita normale, frequentando le scuole e la parrocchia, iscrivendosi all’Azione Cattolica Italiana, ma le difficoltà di movimento erano sempre più evidenti e invalidanti.
In gioventù ebbe forti momenti di crisi fino a sentirsi un ‘condannato a morte in attesa di esecuzione’ ma trovò modo di superare questo scoramento grazie alla fede della madre ed alla partecipazione ad associazioni come l’UNITALSI con cui andò a Loreto ed a Lourdes; qui ebbe un incontro con un certo Giulio di Terni che gli fece capire quanto fosse preziosa la sofferenza se vissuta a disposizione del prossimo. Nonostante la quasi completa immobilità divenne attivo organizzatore dei Volontari Della Sofferenza di Tolentino, dove programmò incontri e giornate conviviali per alleviare i disagi dei sofferenti.
L’apertura ai problemi sociali si perfezionò con l’inserimento nella Rete Radiè Resch, fondata dal giornalista della RAI, Ettore Masina, per la quale elaborò alcune tra le sue più interessanti riflessioni sull’impegno del cristiano nella società. Ormai Luigino aveva maturato la propria fede ed era ‘un uomo per gli altri’ sempre disponibile al colloquio personale, telefonico ed epistolare, agli articoli sul ‘Messaggero di S. Antonio’, agli interventi radiofonici: dava così il ‘suo contributo di uomo ai problemi degli uomini’. Appena dopo la morte il giornalista scrisse nella prefazione al libro ‘Tuo Luigi’: “Maestro che sapeva costruire e ricostruire ogni giorno la speranza per sé e per gli altri, Luigi non amava la sofferenza ed era pronto a comprendere chi ne ricavava soltanto disperazione. Così come non accettava la compassione, detestava la retorica. E tuttavia, avendo scelto per sé il coraggio e la gioia, di coraggio e di gioia Luigi era divenuto seminatore… Senza mai farmi i nomi, con la delicatezza ed il riserbo di un confessore, egli mi ha parlato talvolta di questi suoi amici ed amiche che da lui traevano luce”.
Il cardinale Ersilio Tonini, vescovo della diocesi di Macerata negli anni ‘70/’80, durante il Convegno svoltosi a Tolentino nel 1992 per ricordare la sua figura ha detto: “[Luigi] non ama la sofferenza, ma la accetta consapevolmente, perchè essa ti fa penetrare là dove é la verità ultima delle cose: ti fa vedere oltre le parole. é solidale con l'uomo umiliato: ‘se questa società si perderà é perchè tratta con indifferenza e abbandono chi soffre’. Dedica buona parte del tempo e delle risorse agli altri, ma si riserva uno spazio per il silenzio, 'che rivela a noi stessi' e soprattutto tempo per la preghiera. Una preghiera continua di ringraziamento, di fiducia, di abbandono totale. E così 'si lascia conquistare da Dio giorno per giorno!'. Dio é il vertice del suo pensiero: se Dio non mi amasse, non avrei questa gioia serena dentro di me. 'Ho sentito una Presenza che dice: coraggio, io sono con te!’”.
Il card. Loris Capovilla, che negli anni ’70 era Delegato Pontificio per il Santuario di Loreto ha scritto: “Ho avuto il piacere di conoscere Luigi Rocchi...sull’ultimo scorcio della sua vita, quand’era ormai un provetto professionista del dolore e aveva collaudato il difficile mestiere dell'infermo; sulle prime immaginavo di dover consolare un uomo e rispondere a terribili e inquietanti interrogativi. Invece no, lo capii subito, e ne rimasi come abbacinato. Egli dava molto di più di quanto ricevesse [...]. Ebbe cuore grande e buono. Amò con tenerezza e fortezza inespugnabile. Apprezzò l‘amore limpido dei fidanzati e l’amore casto dei coniugi; ebbe nostalgia di paternità e ne fece olocausto meritorio sull'altare della croce. Amò le creature tutte: i bimbi, i vecchi, i malati, i carcerati; la terra, le stelle, le acque, le montagne, i fiori, gli uccelli. Apprezzò i valori che fanno crescere l’uomo e lo aiutano a migliorarsi: il lavoro, la musica, lo sport, la poesia, la narrativa. Gli chiesi un giorno se gli capitasse sovente di lamentarsi, magari nelle ore di solitudine, o ritenendosi abbandonato da persona amica o magari a motivo di ricorrenti incomprensioni. Mi rispose:‘No, mia mamma mi ha insegnato che il Padre mi ama. Talvolta mi è accaduto, sui vent’anni, di sentirmi provocato alla disperazione, ma subito mi riecheggiava nell’intimo la parola semplice e ferma di mia madre: ‘Luigi, Iddio ti ama!’... Questa la lezione vissuta da Luigi Rocchi, lasciata in eredità a uomini e donne che siano umili lettori dei 'segni dei tempi'. Egli, l’handicappato, è stato misericordioso samaritano per tanti suoi simili imbattutisi nei predoni delle tragiche strade del mondo”.
In un messaggio al Convegno della ‘Rete Radiè Resch’, Luigi Rocchi ha scritto: “Carissimi amici, sono Luigi. Non vi scrivo per parlarvi di me, ma del significato dell’ ‘essere al mondo’, del senso della vita, per scoprire i quali, tre domande hanno travagliato a lungo il mio cuore: ‘Da dove vengo? Che faccio? Dove vado?’. Né la filosofia, né la scienza né l’arte mi hanno aiutato a rispondere. Ho trovato la risposta in un libro che parlava di un certo Gesù di Nazareth, figlio di un falegname, e, per coloro che credono nella sua natura divina, Figlio di Dio: quel Gesù mi rispondeva come un amico, come un fratello a cui stava a cuore il mio bene. Le tre domande ora hanno una risposta: Da dove vengo? Dall’Amore. Che faccio? Amo. Dove vado? All’amore. Ma mi domandavo ancora: Perchè tanta sofferenza? Che male avevo fatto? Ero già segnato nel seno materno: sono nato con questa terribile malattia, che divora la carne e mi ha costretto a una vita di privazioni, di rinunce, a una vita fatta solo di mostruoso dolore. Perchè? Gesù, perchè? Ho sentito allora lo sguardo di quell’Uomo, di quel Nazzareno, di quel Figlio di Dio, come preferite, che mi ha turbato e che diventava voce. Diceva: ‘Ho dato tutto l’amore, ho portato l’amore, eppure mi faranno morire in croce. In verità vi dico: non una lacrima andrà perduta. La vita passa attraverso la morte, la gioia attraverso il dolore. Se aveste fede quanto un granello di senape’'… ‘Non temere, io sono accanto a te e a tutti coloro che soffrono, lottano, sperano, piangono. Meglio ancora: io sono loro e loro sono me. Da allora la mia vita non fu solo dolore. Non che non soffrissi più, la mia malattia infatti é progressiva e la sofferenza aumenta sempre, però il dolore si è fatto veicolo di gioia, di amore, di vita. E io amo tutti e tutto: la vita, gli uomini. Provo persino la gioia di essere felice. Non avrei nessun motivo di essere felice, né di amare la vita. Sono sicuro che anche voi vi siete posti queste domande, che anche voi cerchiate la gioia: questa dipende dalla vostra volontà di amore verso coloro che, anche per voi, soffrono perché il Regno di Dio venga nel cuore degli uomini, verso quegli innocenti che, attraverso la loro sofferenza, preparano la nuova venuta di Gesù. Non vi stancate di sorreggere un po' la croce, di asciugare le loro lacrime, di tenere accesa la speranza della Resurrezione, quando ci saranno ‘cieli nuovi e terre nuove’ per tutti. Dio vi benedica”.
Concludo con una sua frase molto importante per capire cosa è chiamato ad essere il cristiano nella società: “Chissà se ce la farò ad andare a votare il 12 maggio? Sarà una grossa strapazzata. Però mi sentirei diminuito nella mia umanità, se non ci andassi. Mi sentirei un escluso, ed è una sensazione non piacevole. L'ultima volta andai a votare in barella”.

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