domenica 23 maggio 2021

La saggezza di non dire tutto

La riflessione per questa Pentecoste 2021
di don Gianluca Zurra (assistente nazionale AC giovani)

In questa Pentecoste ci lasciamo guidare nella riflessione dalle parole di don Gianluca Zurra, assistente giovani di AC, che ci restituiscono tutta la responsabilità della nostra fede.
 
Soddisfare tutti i bisogni, semplificare, rispondere a tutte le domande, risolvere subito ogni tipo di problema: sembra questo il comandamento più ricorrente. Viceversa, lasciare aperte le domande, suscitare la ricerca, coinvolgere la fatica della libertà e della responsabilità appare sconveniente, quasi una mancanza.
Ci scordiamo, però, che sono i dittatori a voler chiudere gli interrogativi, sono i padri paternalisti e le madri chiocce a togliere ogni fatica ai propri figli, spegnendo in questo modo i loro desideri e mortificandone la dignità.
La mania di avere tutto sotto controllo, di dire tutto senza scarti, ha prodotto la torre di Babele e non certo un mondo più abitabile e più umano.
Alla fine della sua vita terrena, durante l’ultima cena con i suoi, Gesù non dice tutto, non chiude tutti i discorsi, non blocca il cammino, non soddisfa bisogni: riapre la storia promettendo lo Spirito, perché sia l’imprevedibile discernimento dei discepoli a scoprire ciò che potrà essere compreso e sopportato non subito, ma più avanti. Questo significa essere veri maestri, guide sagge, che non si sostituiscono al discepolo strumentalizzandolo, ma rinunciano a voler dire tutto, rendendo così possibile la ricerca e il coinvolgimento responsabile dell’altro.
La Pentecoste è un’esperienza di radicale apertura, non di soluzione magica e dittatoriale tipica del padre padrone, che tiene sotto di sé i suoi figli con la pretesa di pronunciarsi in anticipo su tutto ciò che avverrà. Dio non ti dice tutto, perché non è il faraone; a meno di tanto non rispetterebbe il faticoso lavoro della tua libertà, delle decisioni quotidiane tramite cui la tua vita prende forma.
Non aspettarti mai che qualcuno faccia le cose al tuo posto, ma inizia sempre facendo la tua parte; diffida di chi vuole risolverti velocemente i problemi semplificando tutto, ricordando che se le cose che fai non sono accompagnate da una sana fatica, probabilmente non sono davvero tue, non sono divenute parte di te, se non per pura imitazione esteriore.
Gesù è molto attento a questo particolare e per tale motivo è davvero il Signore: non occupa tutto lo spazio, ma dona lo Spirito, rivelando che per il futuro di ciascuno di noi c’è qualcosa che lui stesso non può dire, né anticipare al posto nostro, ma che potrà nascere soltanto attraverso la nostra creatività nel metterci in ascolto di Lui.
D’altronde, la prima chiesa non ha costruito una torre, fredda, tutta uguale, segno di omologazione e di potere deresponsabilizzante; è nata invece nelle case, tra le strade, dove nulla si risolve facilmente, dove le lingue sono molteplici e l’impegno della fraternità diventa l’unica strada di umanizzazione. Mai come oggi abbiamo bisogno della saggezza evangelica di non dire tutto, di fidarci di ciò che ancora non possiamo sapere, rinunciando alla sicurezza delle torri e riedificando luoghi forse meno perfetti, più alla portata, ma per questo più aperti e ospitali secondo lo Spirito del Signore Gesù.

2 commenti:

  1. Un pensiero profondo espresso in maniera semplice. Bello.

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  2. Grazie, bellissima riflessione soprattutto per chi, come me, è genitore, catechista, educatore

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