venerdì 21 febbraio 2020

Essere segno profetico ...

Approssimandosi l’assemblea elettiva diocesana di A.C. del 1 marzo 2020
di Stefano D'Amico

In un articolo dal titolo "La regola dei Padri è la carità", pubblicato nel numero 242 (settembre 2019) di "Luoghi dell’infinito", il mensile di itinerari, arte e cultura di Avvenire, dedicato a L’Italia dei monaci, Lisa Cremaschi, patrologa e monaca di Bose, offriva una serie di interessantissimi spunti di riflessione tra i quali tre, in particolare, mi hanno colpito e fatto pensare a noi di Azione Cattolica. 
Li propongo a tutti i soci a pochi giorni dall’Assemblea elettiva, estrapolandoli direttamente dall’articolo, sperando possano essere utili.
Ripercorrendo la storia del monachesimo dice:
1) “La vita monastica si diffonde all’inizio del IV secolo, quando avviene una svolta nei rapporti tra cristianesimo e potere politico: è il momento della nascita della Chiesa cosiddetta costantiniana, non più la Chiesa delle catacombe, la Chiesa perseguitata, ma una Chiesa che esce alla luce del sole e finisce per allearsi con il potere politico. In quest’epoca vi sono situazioni in cui i cristiani si trasformano da perseguitati in persecutori, nei confronti di ebrei, pagani, e cristiani ritenuti, a ragione o a torto, eretici. Il monachesimo fiorisce come risposta, come contestazione della Chiesa costantiniana. Tra gli elementi che portarono alla nascita del monachesimo c’è il desiderio di un ritorno all’Evangelo nella sua interezza, vi è il ribadire la dimensione escatologica della fede cristiana. Molto presto nella Chiesa si affievolì l’attesa del ritorno al Signore; è una tentazione che insidia la Chiesa in ogni tempo. Anche oggi, forse soprattutto oggi.” (p. 11)
2) “Basilio, nella Cappadocia della seconda metà del IV secolo (…) manifesta la sua perplessità nei confronti della vita solitaria, nella quale si rischia di cedere al compiacimento di sé, credendosi giunti a perfezione. Chi vive solo «in che cosa darà prova di umiltà, se non ha nessuno rispetto al quale mostrarsi più umile? In che cosa darà prova di misericordia, se è separato dalla comunione con gli altri? E come potrà esercitarsi nella pazienza, se non c’è nessuno che si oppone alle tue volontà?” (p. 16)
Poi, dopo un ampio excursus conclude:
3) “Ora le tentazioni opposte sono due: quella di diventare un movimento settario, una Chiesa parallela con un orizzonte espressivo (linguaggio, abiti, riti) che né la Chiesa né il mondo capiscono, a volte con una teologia o ecclesiologia propria; oppure quella di lasciarsi divorare dal mondo e inglobare nella Chiesa perdendo il proprio carisma specifico. Il monachesimo si pone sì come realtà marginale, ma non come setta estranea alla vicende degli altri uomini e rinchiusa in una sorta di paradiso artificiale. Si pone come contro-cultura, come segno profetico che contesta le dominanti culturali della società e spesso si mette in contrasto con la via media, la mediocrità, il compromesso assunto dalla comunità cristiana stessa”. (p. 16)
Chiaramente sono questioni che riguardano tutti i cristiani, tutti i movimenti e le associazioni ecclesiali, ma credo, in modo particolare, noi di Azione Cattolica.

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