martedì 2 dicembre 2014

Ambrogio di Milano: un santo contemporaneo

La santità di una fede incarnata.
di Simone Baroncia

Il 7 dicembre, anniversario della sua ordinazione episcopale (avvenuta nel 374), la Chiesa ambrosiana celebra la solennità di Sant’Ambrogio (334-397), patrono di Milano.
Un vescovo santo che ha molto amato la città ed i suoi interventi nelle questioni temporali dell’epoca mettono in evidenza il fatto che l’autonomia e l’indipendenza necessarie per l’agire della sfera politica e di quella religiosa non implicano mancanza di comunicazione o isolamento fra le stesse.
Così, per esempio, il santo segnala l’esistenza di doveri religiosi propri della sfera di azione dell’autorità politica, che fanno riferimento sia alla libertà religiosa dei cittadini dell’impero sia all’onore dovuto a Dio. 
Vediamo alcuni punti salienti del suo pensiero civile.
Nella ‘Vita di Naboth’, narrata nel primo libro dei Re e trattante i temi della proprietà privata, della ricchezza e della povertà, sant’Ambrogio afferma: “Fino a dove, o ricchi, estendete le vostre bestiali cupidigie? Vorrete forse finire ad abitare soltanto voi la terra, rivendicandone solo voi il possesso? La terra fu data in possesso a tutti, ricchi e poveri: perché, allora, vi arrogate il diritto di proprietà esclusiva del suolo?... Il mondo fu creato per tutti e, invece, voi pochi ricchi cercate di appropriarvene. Anzi, volete non solo la proprietà terriera per l'uso di voi soli pochi, ma volete anche il cielo, l’aria, il mare …
Le vostre mense si alimentano col sangue dei poveri, i vostri bicchieri grondano del sangue di molti che avete strangolato col cappio… Le vostre donne sono travolte da una smania sfrenata di indossare smeraldi, giacinti, berillio, agata, topazio, ametista, diaspro, sardonice, e pur di soddisfare i loro capricci, spendono metà del loro patrimonio… Ma perché vi attraggono tanto le ricchezze della natura? Il mondo è stato creato per tutti, e voi, taluni pochi ricchi, vi sforzate di riservarvelo per voi soli. E non è questione solo della proprietà della terra: fino allo stesso cielo, l'aria e il mare, tutto reclamano per il proprio uso tal uni pochi ricchi... Voi, ricchi, tutto strappate ai poveri, e non lasciate loro nulla; e ciò nondimeno, la vostra pena è maggiore della loro... Siete voi in persona, per la vostra passione, a patire tribolazioni pari a quelle della stessa povertà. I poveri, per davvero, non hanno di che vivere. E voi non usate le vostre ricchezze, né le lasciate usare agli altri. Tirate l’oro fuori delle vene dei metalli, ma poi lo nascondete nuovamente. E quante vite rinchiudete insieme con quell’oro!”.
Nel libro ‘I doveri dei ministri’ Ambrogio sottolinea i diritti dei poveri: “La misericordia è parte della giustizia… Perché è ingiusto che colui che è completamente uguale a te, non sia aiutato dal suo simile, soprattutto in considerazione del fatto che il nostro Signore Iddio volle che questa terra fosse possesso comune di tutti gli uomini, e diede frutti a vantaggio di tutti loro; ma l'avidità divise i diritti delle proprietà. Pertanto, è giusto che, se rivendichi per te, come bene privato, qualcosa di quanto è comune a tutto il genere umano..., almeno riparti tra i poveri qualcosa di esso, perché tu non abbia a negare il sostentamento a quelli che partecipano dello stesso diritto di cui godi tu... Vi rendete conto che ci muoviamo tra molte immagini di Cristo? Dunque, attenti a non dare la sensazione che noi spogliamo queste immagini della corona che Cristo stesso ha posto su ciascuno. Facciamo in modo di non togliere niente a colui al quale dobbiamo viceversa dare. E noi, tuttavia, anziché agire così, non solo non onoriamo i poveri, ma addirittura li disonoriamo, li annientiamo, li perseguitiamo, e neppure ci rendiamo conto del fatto che, ogni volta che crediamo di poter recare loro danno, noi causiamo quelle ingiurie all’immagine di Dio. Chi si fa beffe del povero, irrita colui che il povero creò”.
Infine per il santo milanese non si devono negare i diritti agli stranieri: “Non si devono affatto approvare coloro che scacciano dalla città gli estranei, li allontanano proprio nel tempo in cui dovrebbero aiutarli, li estromettono dalla vita della città, negano loro i beni prodotti dal suolo per tutti, spezzano rapporti comuni ormai consolidati. Con quelli che avevano prima comuni diritti, non vogliono più dividere i sussidi necessari. Le fiere non cacciano le fiere, e l’uomo allontana l’uomo. Le bestie ritengono comune a tutti il vitto offerto dalla terra. Esse aiutano gli individui della propria specie, e l'uomo li combatte; egli che non dovrebbe considerare estraneo a sé tutto ciò che in qualche modo è umano… A nessuno giova la fame altrui: si possono protrarre i giorni tutt'al più, non togliere il bisogno. Anzi, con la morte di tanti lavoratori, con la sparizione di tanti agricoltori, ne avrebbe sofferto per sempre il vettovagliamento. Noi dunque allontaniamo e non vogliamo nutrire nella carestia questi che ci hanno sempre nutrito; e quanti sono i servizi che in questo stesso tempo essi ci prestano! Non di solo pane vive l’uomo. Sono la nostra famiglia, sono nostri parenti: rendiamo loro ciò che abbiamo ricevuto. Ma temiamo che il bisogno ci opprima. Anzitutto la misericordia non è mai un danno, ma un aiuto”.

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