mercoledì 23 maggio 2012

Più Vangelo nel lavoro!

Una riflessione sul tema del lavoro all'indomani della veglia regionale del 4 maggio a Macerata.

di Cristiano Nervegna

Il tema lavoro rappresenta, oggi, l’elemento discriminante per ricostruire un’idea di sviluppo che sia veramente sostenibile per le persone ed il Paese e, in modo particolare, per i giovani. Non è un’espressione enfatica, da addetto ai lavori, ma la narrazione di un'esperienza vissuta personalmente nelle tensioni sociali e culturali che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni di riforme del mercato del lavoro, orientate da una politica la cui superficialità si palesa forse solo oggi, dall'interno di una crisi che è umana e finanziaria. Di qui l'opportunità di sollecitare cambiamenti, rivedere priorità, verificando come prima cosa le scelte passate. Solo una lettura critica degli avvenimenti può garantire che il futuro possa essere plasmato da principi solidi e scelte coerenti.


Per giungere a questa maturazione è essenziale ri-leggere il Magistero sociale della Chiesa con gli occhi della prassi. Non è più sufficiente, infatti, studiare il pensiero della Chiesa, che negli ultimi 100 anni ha "letto" la vita economica e sociale dell'umanità alla luce del Vangelo, traducendo tale lettura soltanto nell'enunciazione di principi. Come si studiasse una qualunque materia d'esame.
Questo tempo ha bisogno, invece, di coraggio, di cambiamento; ha bisogno di martirio, direi, perché quell'insegnamento non rimanga semplice parola, ma si trasformi in vita spesa per il bene di tutti. Papa Benedetto XVI, capovolgendo categorie consolidate, prefigura un cambiamento determinate quando, nella Caritas in Veritate, sconvolge il lettore proponendo la "gratuità", il "dono", come paradigma della nuova frontiera economica. Elemento inserito con coraggio, e a pieno titolo, nella dinamica della vita economica. È compito nostro, di fronte a tanta chiarezza, esprimere proposte e verificare scelte individuali e collettive. È responsabilità comune ripensare un mercato del lavoro che è stato pensato e costruito su principi diversi da quelli enunciati (spesso con enfasi) e ancora più frutto di convenienze politiche di corto respiro. La flessibilità, subita, non serve alla competitività delle imprese e censura drammaticamente le intelligenze migliori del Paese. Anche il mondo cattolico ha vigilato forse con scarsa determinazione. Una conoscenza viva del Magistero sociale ci avrebbe imposto una presenza più attiva nel verificare i principi nascosti dietro quelle regolamentazioni, che poco hanno a che vedere con il nostro pensiero. Stessa forzatura, per altro, rispetto al pensiero di Marco Biagi a cui, formalmente, ci si ispirava.
Da questa consapevolezza dobbiamo ripartire. Abbiamo urgente bisogno di offrire nuove sicurezze!
Mi sembra che il primo passo verso questa ricostruzione del senso profondo del lavoro e del bene comune debba ripartire dalla costruzione di legami comunitari orientati proprio al lavoro. Non potrà esserci evangelizzazione senza questa prossimità. Le nostre comunità possono davvero arginare la crisi, offrire nuove opportunità. Possono interrogarsi e rispondere così alla richiesta di senso che aleggia forte anche nelle nuove generazioni. Abbiamo bisogno di comunità aperte che sul discernimento comunitario costruiscano testimonianze coerenti ed impegnative.
Tutti devono poter partecipare! A tutti è chiesto di giocarsi sicurezze consolidate, rinunciando a conservare per offrire. A tutti è chiesto più Vangelo e meno egoismo. Una "comunità al lavoro" può cambiare molto, può cambiare tutto. Potrà sopratutto restituire alla Dottrina Sociale della Chiesa il suo significato più vero. Questo dobbiamo fare oggi!

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