Intervista a don Stefano Nastasi testimone alla Marcia della Pace
di Simone Baroncia
Stando ai numeri forniti da Eurostat (l’ufficio statistico dell’Unione europea) l’Italia è solo al sesto posto per numero di rifugiati accolti, con valori assoluti molto più bassi dei paesi più grandi. Ma i numeri dell’accoglienza sono ancor più sorprendenti se si guarda all’incidenza dei rifugiati sul totale della popolazione. In questo caso il nostro Paese scivola al 14^ posto dell’Ue a 28. In base alla popolazione hanno molti più rifugiati di noi Germania, Francia e Inghilterra ma anche paesi piccoli e lontani dal bacino del Mediterraneo come la Svezia, il Lussemburgo, l’Olanda, Cipro, il Belgio e l’Olanda. In Italia nel 2012 sono stati accolti 64.779 rifugiati con un'incidenza sul totale della popolazione (60.800.000 abitanti) pari allo 0,1%. Le domande d’asilo presentate sono state oltre 17.000, circa la metà del 2011 (37.000).
A don Stefano Nastasi, testimone alla partenza della Marcia della Pace Recanati-Loreto sabato prossimo 25 gennaio, abbiamo chiesto come sono state accolte la proposta a Premio Nobel per la pace e la scelta dei lettori di Famiglia Cristiana a cittadino dell’anno:
“Non penso che gli abitanti di Lampedusa abbiano bisogno di tali riconoscimenti, perché vivono la loro realtà quotidiana e cercano di dare risposte ai bisogni. Questi riconoscimenti ci possono pure stare, ma non risolvono i problemi quotidiani dell’isola o quelli dell’immigrazione. Il riconoscimento per quello che è stato fatto. Non è una popolazione che rincorre un riconoscimento ufficiale, ma è una popolazione che ha chiesto sempre di essere accompagnata e sostenuta nella condivisione di questa situazione”.
Lei ha detto anche di essere mosso allo stesso tempo da indignazione e compassione: cosa significano queste due parole?
“Si riferivano al contesto della catastrofe dell’ottobre scorso. Compassione verso le persone colpite da quella tragedia; indignazione, perché si parla ancora tanto, a livello di governi e di prospettive politiche nuove, però alla fine nessuno si muove più di tanto. Si tamponano le emergenze, però non mi pare che ci siano una pianificazione nel tempo ed un confronto costante”.
Quale storia umana è rimasta nel suo cuore?
“Le storie sono tante; storie liete ed anche molto tristi. Chi cerca un fratello e non riesce più a trovarlo; lo deve pensare vivo, però molto probabilmente non c’è più. Ci sono anche storie liete di ragazze madri arrivate con il bambino, che dopo questi lunghissimi viaggi, hanno ricominciato una vita nuova. Ricordo la storia di una ragazza cristiana che, appena sbarcata nell’isola, mi chiese di battezzare la bambina. Ci sono tante storie belle di persone che magari hanno ricevuto solo un semplice sorriso od un abbraccio da qualcuno in una nuova realtà capace di accoglierla. Questi gesti sono necessari ad entrambi per uscire dall’isolamento”.
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